Parto indolore ed epidurale gratis 24 ore su 24. Lo "Sportello dei Diritti" ha avviato una class action che continuerà nelle corti italiani contro una discriminazione tutta italiana
Parto indolore ed epidurale gratis 24 ore su 24?
Era ora, sostiene Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti", dopo aver appreso la notizia secondo cui il parto indolore gratuito noto ai più con il solo termine "epidurale" entra ufficialmente nell'elenco delle nuove voci inserite nei cosiddetti Lea (livelli essenziali di assistenza) che il Ministero della Salute inserirà entro la fine dell'anno in un albo ad hoc, insieme a 109 malattie rare e alla conversione di altre malattie considerate rare ed elevate a "croniche", come la celiachia.
In Italia, infatti, questa procedura medica che è utilizzata in tutto il mondo per lenire i dolori di una fase fondamentale, ma altrettanto delicatissima della vita delle donne e madri, presentava delle gravissime disparità di trattamento nonostante sotto il primo Governo Prodi (ed in particolare nel 2008 il ministro della Salute Livia Turco con il DPCM del 23 aprile, all'Art. 37 Paragrafo 3), fosse stato introdotto il principio universale della "epidurale gratis per tutte" che era rimasto lettera quasi completamente morta perché le regioni e le Asl, fatte rare eccezioni, non avevano reperito le coperture finanziare atte a garantire quello che molti ritengono, a ragione, un diritto di civiltà.
Basti pensare che fino a questa importante e nuova misura il servizio era garantito solo da circa il 20% delle strutture ospedaliere (secondo l'AAROI SIARED nel 2006 solo nel 16%) e a costi elevatissimi, eccettuate alcune e rare strutture pubbliche dove veniva eseguita gratis, ma quasi sempre e solo in determinate fasce orarie e nei giorni feriali, quasi mai in quelle notturne ed in quelli festivi, mentre molte di quelle pubbliche limitavano l'accesso solo a una quota stabilita di partorienti e previa corresponsione di un ticket. Il prezzo varia da un minimo di 50 euro agli 800 euro, negli ospedali pubblici mentre in quelli privati può arrivare sino a 2 mila euro.
La conseguenza di questa politica disastrosa e di una sanità che predica uguaglianza ma razzola disparità persistenti con un'offerta assolutamente inadeguata ai tempi anche in ragione della crisi, contribuendo a fomentare pregiudizi ingiustificati e quasi primordiali su una tecnica sicura praticata in tutti i paese europei con livelli di successo pari al 100 % e che non presenta alcun effetto collaterale rilevante, è che sino ad oggi l'85% delle donne continua a partire soffrendo.
Al di là delle credenze popolari, su di una procedura anestetica ritenuta ancora e senza alcun fondamento invasiva e addirittura inibitoria del parto naturale, la "perimidollare, (è questo il termine più corretto usato dai professionisti) non impedisce un parto consapevole. In realtà, agisce sul dolore che viene anestetizzato, mentre la partoriente continua ad avvertire le contrazioni, cammina e può vivere pienamente l'esperienza del travaglio e del parto.
L'atteggiamento discriminatorio adottato dalla Sanità nazionale, al di là degli intenti manifestati era quindi, del tutto ingiustificato ed illegittimo.
Per tali ragioni, lo "Sportello dei Diritti", in tempi non sospetti, avendo ricevuto molteplici denunce in tal senso, aveva già avviato una "class action", inviando apposite diffide, per il rimborso dei costi pagati da tutte le partorienti che si erano viste costrette a sborsare somme prossime ai mille euro, sotto una sorta di ricatto dalla formula che si può sinteticamente riportare "o paghi o soffri", sol perché a differenza delle più fortunate avevano partorito la notte o nei giorni festivi.
Azioni che continueranno innanzi ai Giudici di Pace del territorio nazionale contro le regioni, le Asl e le strutture pubbliche che hanno adottato queste politiche discriminatorie, anche perché ricordiamo che per la ripetizione delle somme rivenienti da indebito arricchimento la prescrizione è di dieci anni.
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Redazione del CorrieredelWeb.it
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