Quasi una su due ha subito molestie sessuali nei 47 Paesi del Consiglio d'Europa. L'Italia ha bisogno della banca dati del DNA.
Ogni giorno 12 donne muoiono a causa di violenze domestiche nei 47 Paesi del Consiglio d'Europa e nei 28 dell'Ue e quasi una su due (il 45%) ha subito molestie sessuali, una su 5 violenza fisica e il 18% è stata vittima di stalking. Questi i dati resi noti dal Consiglio d'Europa che, secondo il commissario per i diritti umani Nils Muiznieks, "mostrano quanto sia urgente agire". Per combattere questo grave fenomeno il primo agosto entra in vigore la convenzione per la prevenzione e la lotta contro la violenza alle donne. I dati dimostrino quanto la situazione sia grave e che "la violenza contro le donne resta una delle violazioni dei diritti umani più diffuse, che si ripete ogni giorno in ogni luogo d'Europa". "La violenza subita da un partner è ancora una delle prime cause di morte non accidentale tra le donne" ha detto il commissario. Mentre il 18% degli uomini è assassinato dal partner o da un familiare, per le donne la media è del 55%.
La Convenzione "può diventare un potente stimolo e se non offrirà protezione dall'oggi al domani, segna certamente un punto di svolta nella giusta direzione e dà a milioni di donne un messaggio forte sull'impegno" che gli Stati prendono nei loro confronti.Resta però molto da fare. Undici Paesi membri del Consiglio d'Europa non hanno neanche ancora firmato il testo e tra i 13 che l'hanno ratificato, tra cui l'Italia, alcuni, devono ancora attuarne diverse disposizioni. Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti" ritiene opportuno di fronte all'aumento esponenziale su tutto il territorio nazionale di atti di violenza ed abusi sulle donne, rilanciare il progetto del Generale Luciano Garofano - il noto ex comandante del Ris dei Carabinieri di Parma – che da diverso tempo ha elaborato una proposta per arginare la criminalità per il tramite dell'istituzione di una Banca Dati del DNA.Esiste già in Parlamento un disegno di legge trasversale presentato nel corso della precedente legislatura che ha subito uno stop il suo iter legislativo per i problemi connessi alla tutela della privacy e della libertà che un archivio di dati personali potrebbe comportare. Infatti, dopo averne approvato la legge nel 2009, ad oggi, non ha ancora ricevuto il via libera per la sua applicazione con i decreti attuativi.
Pertanto, mentre in Inghilterra e Usa la banca dati del DNA è un efficientissimo strumento contro il crimine, in Italia è tutto fermo. Ma in presenza di una spirale così odiosa di delinquenza nei confronti delle donne - che è divenuto un vero e proprio problema di ordine pubblico, in alcune città - occorrerebbe una poderosa accelerata all'iter legislativo per la creazione di quest' importante contenitore di informazioni genetiche che conservi l'impronta genetica quantomeno di tutti coloro che si sono resi colpevoli di reati gravi ed in particolare di "violenza sessuale" e che scoraggerebbe chiunque a mettere in atto forme di violenza di tale stregua, permettendo alla magistratura e alle forze dell'ordine di svolgere indagini più rapide, efficaci e meno dispendiose. Per non parlare dell'efficacia di una simile banca dati nelle indagini sui reati connessi al terrorismo, alle associazioni mafiose, agli omicidi, ed alla pedofilia.
Giovanni D'Agata, ritenendo che l'idea del generale Luciano Garofano possa contemperare l'esigenze di tutela della Privacy e della libertà, con quelle della pubblica sicurezza e della tutela della persona, in particolar modo delle donne e dei bambini, tutti diritti costituzionalmente garantiti, perorerà presso tutte le sedi competenti al fine di una rapido compimento dell'iter legislativo.
Lecce, 29 luglio 2014
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