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mercoledì 4 luglio 2012

Emma Bonino risponde all'appello dell'Associazione 'Se non ora quando?' su CDA Rai. Segue anche risposta dell'Associazione 'Pari o Dispare' di cui Emma Bonino è Presidente Onoraria



Risposta di Emma Bonino all'appello che le è stato rivolto dall'Associazione 'Se non ora quando?"

Care amiche di  Se non ora Quando, intanto grazie  per la vostra attenzione così insistente nelle ultime 12 ore. È una novità e spero buon segno  di collaborazioni  future , pur nelle differenze   che ci sono reciprocamente note, relative a questioni  concernenti : metodi, regole,merito, trasparenza ecc…  che sono per me e per noi Radicali parte integrante e imprescindibile  nella ultradecennale lotta per il cambiamento e il rinnovamento del paese , compresa la valorizzazione  del patrimonio al femminile.  Ma appunto è una lunga storia reciprocamente nota.Nello specifico:  non ho alcuna pressione da fare sul deputato radicale Beltrandi, perché  ne condivido impostazione e motivazioni, come  ho chiaramente detto alla  vostra conferenza stampa cui mi avete gentilmente invitata.  La vicenda  del Consiglio di Amministrazione della Rai, così come quella delle nomine passate, è semplicemente uno scempio di tradizionale lottizzazione certamente non "nobilitata"  dall' inserimento  dell' elemento femminile.  Anzi forse il contrario. Rimango convinta che il fine non giustifica i mezzi ma che ,al contrario , i mezzi  prefigurano il fine.  E che solo un mutamento radicale in tutte le procedure di elezione/nomina   (quindi non la farsa dell' invio dei CV ma selezioni, audizioni, merito, trasparenza e competenza , che pur in assenza di legge i partiti politici  potevano tranquillamente decidere di istituire come da Beltrandi  e da noi richiesto da tempi non sospetti e per tutte le nomine )  può portare davvero  alla valorizzazione del patrimonio al femminile.Infine, di Pari o Dispare sono  Presidente Onoraria. Pari o Dispare  ha una Presidente effettiva , una Segretaria e un comitato direttivo , regolarmente eletti in assemblee pubbliche e iniziative con posizioni politiche  anche quelle ,note e conosciute e non necessariamente coincidenti con le mie.

 

Risposta di Valeria Manieri e Cristina Molinari, rispettivamente Segretaria e Presidente di Pari o Dispare, all'appello dell'Associazione 'Se non ora quando?'

 

Pari o Dispare è già  intervenuta nel dibattito relativo alle nomine del CDA Rai, dibattito che si eè sviluppato tra le varie associazioni e che ha generato una pluralità di candidature e auto candidature di valore.  Nei cda servono una pluralità di competenze: di settore industriale (in questo caso media e radiotelevisivo), manageriale e economico finanziario. Nel caso Rai, vista la formidabile influenza che può esercitare sulla cultura del paese, sarebbe imperdonabile se non ci fosse una presenza bilanciata anche dal punto di vista di genere, per evitare la rappresentazione delle donne spesso stereotipata e talvolta lesiva che viene proposta. Ciò premesso la responsabilità delle nomine risiede nella Commissione di Vigilanza, espressione del parlamento che dovrebbe e potrebbe dare un segnale di cambiamento proponendo una rosa di candidate ( e candidati) scelti , una volta tanto , tra curricula di merito e procedere ad una selezione trasparente con audizioni pubbliche, come au fa in gran parte delle istituzioni europee. Per quanto riguarda le candidature femminili ci sono  fior di cv raccolti dalla Professional Women  Association e/o dalla Fondazione Belisario e molte autocandidature di valore tra cui scegliere. La scelta che sembra prevalere è quella di estendere al tema di genere la modalità di lottizzazione e di processo di selezione opaco alle donne. Non è secondo noi una strada da seguire e quindi insistiamo nel richiedere che la  Commissione di Vigilanza si assuma la responsabilità di proporre una rosa di candidature  di valore e di selezionarle  in trasparenza , ricordando che metà della popolazione italiana è donna e si merita di essere rappresentata nel CDA della più grande azienda mediatica pubblica.Un equilibrio di genere nel Cda non può prescindere da un cambiamento di regole e di criteri meritocratici che consentano alla televisione pubblica di non essere più il campo di battaglia dei potenti o dei partiti, a scapito di coloro che sono poco o mal rappresentati.


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