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lunedì 2 ottobre 2017

Oltre 3000 screening gratuiti alla decima edizione del Festival con più di 50mila visitatori.

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Oltre 3000 screening gratuiti alla decima edizione del Festival con più di 50mila visitatori.
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Montecatini Terme, 2/10/2016 - Si è chiusa ieri (domenica 1 ottobre) la decima edizione del Festival della Salute, un grande successo e quattro giornate che hanno portato una folla di pubblico come mai si era vista a Montecatini.

Già solo nella giornata di domenica migliaia di persone, si calcola 20mila, hanno visitato i padiglioni del Festival e diverse migliaia hanno invaso, nel pomeriggio, gli splendidi ambienti delle Terme Tettuccio per la manifestazione "Lo Sport per Tutti" in cui tanti giovani, e giovanissimi, si  sono esibiti in varie pratiche sportive: dalla ginnastica, alla danza, alle arti marziali; tra queste dimostrazioni anche una partita di pallamano in carrozzina, giocata da giovanissimi atleti, ed  organizzata dalla Associazione Italiana Fisioterapisti.
Ma già la mattina tanti erano stati i partecipanti alla camminata per Montecatini organizzata da AVIS e da Montecatini Marathon.

Oltre 3000 gli screening gratuiti effettuati dalle Associazioni di volontariato, a partire dalla Associazione Amici del Cuore che, da sola, in quattro giorni ha effettuato oltre1000 screening per la prevenzione di patologie cardiache.
Analogo impegno anche per la FTD, Federazione Toscana delle associazioni del Diabete, con oltre 1500 test per la prevenzione del diabete effettuati.

La giornata si è chiusa con il talk show "La grande bellezza della salute" al quale, sotto la conduzione di Fabrizio Diolaiuti, hanno partecipato il chirurgo estetico di fama mondiale Pier Antonio Bacci; la nutrizionista Emma Balsinelli; il direttore dell'UNISER di Pistoia Alessandro Pagnini; il Sindaco di Montecatini Giuseppe BellandiPaolo Amabile, curatore di questa decima edizione del Festival della Salute.  
Tanti gli aspetti toccati nel rapporto tra bellezza e salute, e i tantissimi spettatori sono rimasti coinvolti dalle curiosità  e dagli aneddoti raccontati dai relatori.

La decima edizione del Festival della Salute chiude così con oltre 50mila presenze nelle quattro giornate; oltre 5mila i ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori che hanno seguito i vari incontri, 20 mila visitatori soltanto per la giornata de "Lo Sport per Tutti!"; centinaia di animali che, coi loro proprietari, hanno partecipato, nella giornata di sabato, ad "Animale…a chi?"; migliaia di screening gratuiti effettuati.






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lunedì 28 settembre 2015

Il crepacuore una sindrome di cui morire.



Con il termine  sindrome, in medicina,  si intendono un’ insieme  segni clinici e sintomi che insieme costituiscono le manifestazioni cliniche di una o diverse malattie.

Di recente e stato svolta una ricerca internazionale, sulla sindrome di takotsubo o cardiomiopatia da stress, più comunemente chiamata e conosciuta come “Crepacuore”, e i risultati sono veramente clamorosi.

I tassi di mortalità della sindrome del crepacuore, sono simili a quelli dei pazienti ricoverati in ospedale per infarto, si aggirano intorno al 5%.

Quindi, con il comune modo di dire ho un crepacuore, oggi s’identifica una vera è propria malattia; lo affermano anche i ricercatori dell’Istituto di Cardiologia dell’Università Cattolica  Policlinico Gemelli di Roma, co-autori nella ricerca effettuata a livello internazionale ed esposta sull’autorevole New England Journal of Medicine.

Leda Galiuto, docente alla Cattolica e cardiologa presso il Dipartimento di Scienze Cardiovascolari del Policlinico Gemelli, spiega che il crepacuore, o scientificamente chiamato la sindrome di takotsubo, si associa a malattie neurologiche o psichiatriche nella metà dei casi, in altre parole si presenta spesso in associazione a disturbi psichiatrici come la depressione.

I sintomi con cui si manifesta questa patologia, sono come quelli di un infarto, dolore al petto o affanno improvviso, ma sottoponendosi a una coronarografia d’urgenza, il risultato e che le coronarie sono sorprendentemente normali, senza stenosi, restringimento.

Anzi il cuore, al contrario, mostra un’alterazione nella sua forma, si trasforma in un palloncino, è una sindrome particolare che colpisce principalmente le donne.

«Le alterazioni del microcircolo coronarico hanno un ruolo fondamentale in molte malattie cardiovascolari e in particolare nella sindrome di takostsubo», aggiunge il professor Filippo Crea, direttore del Dipartimento di Scienze Cardiovascolari del Policlinico Gemelli.

Il crepacuore una sindrome di cui morire colpisce principalmente le donne, e soprattutto quelle che hanno subito uno stress emotivo, principalmente un lutto, o un forte stress fisico come un intervento chirurgico.

Dunque la sindrome da crepacuore non è una patologia benigna come ritenuto finora, quindi lo studio svoltosi è molto importante perché permetterà di scoprire i nuovi bersagli terapeutici per il trattamento della malattia, salvando in questo modo diverse vite umane.

Sono veramente tante e molto importanti le università e i centri internazionali che sono stati coinvolti in questo lavoro, tra cui la Mayo Clinic di Rochester, l’Università di Zurigo e l’Oxford University.

Si tratta del primo studio internazionale sulla sindrome di takotsubo, ha coinvolto complessivamente ventisei centri di nove Paesi tra Europa e Stati Uniti.

I pazienti, che sono stati sottoposti a visite e studiati sono ben 1.750, lo scopo finale, l’obiettivo, erano, infatti, arrivare a comprendere l’evoluzione clinica della malattia, e valutare i risultati della terapia che oggi è in uso.

Alla luce dello studio svoltosi, tutti i protagonisti della ricerca evidenziano l’importanza primaria della gestione clinica dei pazienti, nella fase acuta, proprio perché i tassi di mortalità sono molto elevati, come per un infarto, e ha volte i sintomi sono trascurati o non presi troppo in considerazione, rischiando di non arrivare in tempo per essere salvati.


Francesca Capiloni

giovedì 18 giugno 2015

Notte di sesso con un 80enne: infarto per una donna di 50 anni

È successo al di là dei confini siciliani e più precisamente nei pressi di Padova. Dopo un'intensa notte di piacere, sopraggiunse un'infarto per una donna di 50 anni. È il caso di una badante di origini moldave, colta da un improvviso malore a seguito di un rapporto avuto con il suo uomo... 80enne.
“C'è un uomo morto nel mio letto” fu la frase farfugliata al telefono al 113 da quest'ultimo.


Infarto per una donna di 50 anni: intervento immediato del 113


Un po' di sesso non ha mai fatto male a nessuno. Peccato che non la pensi allo stesso modo la badante dell'arzillo 80enne, presso cui presta servizio da oltre 10 anni. I protagonisti di questa bizzarra notizia si erano concessi un'intensa notte di sesso. Tutto semnbrava procedere all'insegna del piacere, quando un malore colpì la badante.
Senza perdere un attimo l'anziano prese il telefono e chiamò il 113: “C'è un uomo morto nel mio letto”. Udite queste parole, il poliziotto inviò immediatamente una Volante nel posto dell'accaduto.
Una volta raggiunta la casa dell'uomo, gli operatori del pronto intervento scoprono con stupore che ad essere in fin di vita non era lui stesso, bensì la donna. Si è trattato di infarto per la donna di 50 anni, subito trasportata in ospedale per ricevere le dovute cure.

Adesso è salva e presto tornerà tra le braccia del suo uomo.

martedì 17 settembre 2013

Il gotha della cardiologia italiana a Forlì per discutere di infarto

L’appuntamento è venerdì 20 settembre, a partire dalle 8, all’hotel Globus City, dove si svolgerà il convegno “L’infarto miocardico acuto oggi”, che vedrà anche la partecipazione di alcuni dei maggiori esperti internazionali del settore quali il dott. Allan S. Jaffe della Mayo Clinic (Usa), e la prof.ssa Judith Hochman del National Institute of Health di Bethesda (Usa) Il meglio della cardiologia italiana a Forlì per discutere come affrontare l’infarto e trattare il paziente alla luce della nuova definizione universale pubblicata lo scorso anno dalle quattro principali società cardiologiche mondiali (American Heart Association, American College of Cardiology, European Society of Cardiology, World Heart Federation). A promuovere l’incontro, in programma venerdì 20 settembre, a partire dalle 8, all’hotel Globus City, con titolo “L’infarto miocardico acuto oggi”, è il dott. Marcello Galvani, direttore dell’U.O. di Cardiologia dell’Ausl di Forlì, unico italiano ad aver partecipato all’illustre consesso internazionale che ha elaborato il nuovo documento, il terzo dopo quelli redatti nel 2000 e nel 2007. Con lui, ci sarà anche il dott. Allan S. Jaffe, responsabile del Dipartimento di malattie cardiovascolari della Mayo Clinic di Rochester (Usa), che, in qualità di maggior esperto al mondo nel settore, ha coordinato i lavori della commissione e, ora, ha collaborato col dott. Galvani all’organizzazione del convegno. «Nella nuova definizione universale – illustra il dott. Galvani – vengono distinti cinque tipi d’infarto, con l’obiettivo d’individuare le differenti condizioni cliniche responsabili di ciascuno di essi, dal momento che da queste derivano diverse modalità di cura e gestione del paziente. In tutte queste situazioni, comunque, la condizione necessaria per parlare d’infarto è la documentazione biochimica della morte cellulare attraverso la misurazione del livello di troponina cardiaca nel sangue, mediante un test di laboratorio estremamente sensibile ma di comune impiego; è poi compito del medico indentificare quale, fra le cinque tipologie possibili, quale è la causa che ha portato al danno cardiaco: solo il corretto riconoscimento della causa può infatti garantire al paziente il trattamento più rapido e adeguato». Obiettivo del convegno, pertanto, è focalizzare i diversi problemi diagnostici e terapeutici distintivi dei cinque differenti tipi d’infarto, aiutando così il cardiologo clinico ad applicare le nuove linee guida. Al congresso, parteciperanno i più qualificati esperti nazionali in tema di sindromi coronariche e, in particolare,di infarto miocardico, nonché la prof.ssa Judith Hochman, del National Institut of Health di Bethesda (USA), coordinatrice di alcuni dei principali studi mondiali nel campo della cardiopatia ischemica, e Carlo Alberto Perucci, direttore scientifico di Agenas. Nel corso del convegno, verranno approfonditi gli aspetti di ciascun tipo d’infarto. «L’infarto di tipo 1 – spiega il dott. Galvani – è legato a un’occlusione permanente o transitoria dell’arteria coronarica determinata da una rottura delle placche e a trombosi successiva. In questo caso, occorre somministrare potenti farmaci antitrombotici ed effettuare l’angioplastica coronarica». Rispetto a tale tipologia, verrà evidenziata l’importanza «di reti territoriali che integrino il lavoro dei medici dell’emergenza e dei cardiologi, consentendo l’esecuzione dell’elettrocardiogramma a domicilio e l’immediato invio ai centri in grado di effettuare angioplastica coronarica 24 ore su 24». Un modello, questo, che nella provincia di Forlì-Cesena è stato sperimentato con successo negli ultimi anni. «L’infarto di tipo 2 – riprende il dott. Galvani – è causato da fattori esterni al cuore, quali una grave anemizzazione o infezione, per lo più in presenza di lesioni ostruttive delle coronarie; la cura consiste, quindi, nel trattare la malattia che ha provocato il danno miocardico. Il tipo 3, invece, è l’infarto che esordisce oppure conduce rapidamente all’arresto cardiaco o alla morte del paziente, pertanto, va affrontato cercando d’intervenire il più rapidamente possibile sul territorio, attraverso la rianimazione cardiopolmonare e il sistema dell’emergenza». Per quanto riguarda, infine, le ultime due tipologie, «l’infarto miocardico di tipo 4 si può verificare durante un’angioplastica, a seguito di complicanze immediate nella procedura o come esito tardivo di fenomeni di trombosi dello stent utilizzato per garantire il successo della procedura stessa, mentre il tipo 5 può insorgere dopo un intervento di rivascolarizzazione miocardica mediante cardiochirurgia, a causa, principalmente, del cattivo funzionamento dei bypass utilizzati. In entrambi i casi, fondamentale è la prevenzione». Tali argomenti, saranno sviluppati da uno dei pionieri dell’angioplastica primaria in Italia, Stefano De Servi, direttore del Dipartimento cardiovascolare dell’ospedale di Legnano. Le problematiche legate all’infarto di tipo 1 e 3, invece, verranno inquadrate da Francesco Prati, direttore dell’U.O. di Cardiologia interventistica dell’ospedale San Giovanni Addolorata di Roma, fra i massimi esperti d’imaging intracoronarico. A livello regionale, e, in particolare, forlivese, in questi anni, si sono comunque compiuti importanti progressi nella cura dell’infarto. «Fra 2009 e 2012, il tasso di ospedalizzazione per infarto miocardico acuto in Emilia-Romagna è sceso da 91 a 78 casi ogni 100mila abitanti per anno, una riduzione, quindi, pari al 15%; Forlì, in tutta la regione, è l’ospedale che presenta gli indici più bassi. Sono i risultati di un’efficace attività di prevenzione, sia primaria, sensibilizzando la popolazione su corretti stili di vita e ad avere una maggior consapevolezza nei confronti del sintomo “dolore al petto”, sia secondaria, curando al meglio chi ha avuto infarti così da evitare il più possibile recidive, che, quando avvengono, richiedono tempestività della diagnosi e del trasporto del paziente al laboratorio di emodinamica, in modo da garantire una rapida riapertura della coronaria». Tiziana Rambelli

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