“La tutela universale non vuol dire dare tutto a tutti, ma garantire il livello di salute a tutti i cittadini in termini di livelli essenziali di assistenza compatibili con le risorse disponibili”.
E’ l’estrema (e cruda) sintesi del Rapporto OASI 2014, appena pubblicato dal Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale dell’Università Bocconi. Offre una fotografia del panorama nel quale si muove il nostro Servizio Sanitario in un contesto di perdurante crisi economica che ha toccato, inevitabilmente, anche la spesa sanitaria.
La sostenibilità economica e la qualità dell’assistenza sanitaria sono oggi al centro del dibattito pubblico in seguito alla presentazione della Legge di Stabilità da parte del Governo Renzi. Le discussioni di questi giorni fanno spesso riferimento a sprechi e tagli indifferibili che, pur cogliendo parte della realtà italiana, rischiano di dare una rappresentazione quasi caricaturale del nostro panorama assistenziale, non rispettando i dati di fatto.
Nel 2013 la spesa pubblica sanitaria ha fatto registrare una contrazione, con una diminuzione dell’1,2% (non accadeva dal 1995) ed una contestuale riduzione del disavanzo sanitario attestandosi all’1% della spesa corrente. Questi dati dimostrano che quell’onda montante della spesa sanitaria incontrollata, che spesso ha rappresentato la vera ombra per le casse pubbliche, è stata arrestata, infrangendosi contro i frangiflutti delle politiche di contenimento attuate nel corso degli ultimi anni.
In questa prospettiva l’Italia ha già agito con risolutezza. Le decisioni pubbliche in campo economico hanno posto al centro il Servizio Sanitario con azioni che hanno avuto pochi eguali tra tutti i Paesi OCSE. Solo in Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda sono state adottate misure più rigide rispetto a quelle italiane.
Il complesso dei provvedimenti di politica economica – che ricomprende i Piani di Rientro sottoscritti dalle Regioni (tra le quali la Puglia) - se per un verso ha migliorato lo stato dei conti pubblici, d’altro canto ha avuto effetti evidenti sull’assistenza sanitaria. Le scelte di attuazione del contenimento della spesa troppo spesso hanno inteso raggiungere obiettivi di breve periodo, rischiando di far avere il respiro corto all’organizzazione sanitaria.
Il rovescio della medaglia sta nel fatto che il Servizio Sanitario non sia in grado di rispondere adeguatamente alla domanda di assistenza per diverse aree di intervento legate, così come già oggi avviene per le problematiche odontoiatriche, per quelle connesse alla non autosufficienza, alle visite psichiatriche o al trattamento delle dipendenze.
Lo stesso Rapporto OASI paventa come una ipotesi difficilmente eludibile quella dell’aumento dei ticket per la copertura di prestazioni ambulatoriali connesse alla diagnosi precoce ed al trattamento delle patologie croniche.
In questa prospettiva non è di poco conto l’impatto che potrebbe scaturire da un eventuale ulteriore riduzione della spesa sanitaria nell’ambito della Legge di Stabilità, specie se questo intervento legislativo dovesse indurre delle scelte di politica regionale incentrate sulla spesa per investimenti o sul personale infermieristico.
La conferma che tutto questo non sia in un universo astratto, ma incide sulla quotidianità della popolazione è offerto dalla cronaca. La notizia che la ASL di Lecce ha dovuto provvedere ad un intervento straordinario per incrementare i turni di operatività della TAC presso l’ospedale Vito Fazzi, riprova quanto detto.
Se la riduzione delle famigerate liste d’attesa è un problema cruciale, d’altro canto il contenimento della spesa che intacca tanto l’aggiornamento dei macchinari dell’area diagnostica, quanto il turnover del personale a disposizione - con conseguenze sulla corretta attuazione delle politiche sulla salute - rimandando ogni azione ordinaria ad interventi di carattere emergenziale e straordinario.
La coperta ridotta dalla messa in sicurezza dei conti pubblici rischia di scoprire le lacune dell’assistenza.
Una risposta può venire dalla territorializzazione sanitaria con un maggior coinvolgimento in rete della straordinaria risorsa rappresentata dai medici di medicina generale.
Al netto delle polemiche politico-sindacali che hanno toccato le recenti delibere della Direzione Generale della Asl salentina, infatti, è di imprescindibile l’urgenza di dare piena attuazione alla trasformazione in senso territoriale della sanità pugliese. Questa è la sfida che è già in itinere, ma che ha subìto colpevoli stasi e ritardi, tanto da essere ancora a metà del guado.
Questo sentiero di marcia potrà fornire adeguate risposte alle nuove richieste derivanti dal cambiamento del profilo demografico della popolazione (sempre più anziana e quindi affetta da cronicità patologiche) superando la selva insidiosa della gestione delle risorse disponibili.
Avv. Carlo Ciardo.
Nessun commento:
Posta un commento