Anche se la perfetta sovrapposizione di giocatori uomini e donne è ancora da raggiungere, lo studio sociologico Samsung Techonomic Index mette in evidenza come i videogiochi stiano conquistando un fascino sempre maggiore presso la popolazione femminile mondiale. L'indagine mostra come un buon 10% delle donne ami dedicare al mobile gaming anche un'ora al giorno, percentuale che sale al 20% per un tempo di gioco tra i 30 e i 60 minuti al giorno, e circa a un terzo per un tempo compreso fra 15 e 30 minuti quotidiani.
Tra i risultati che maggiormente colpiscono, inoltre, un 26% di donne videogiocatrici che amano proporre sfide ai propri mariti e figli a colpi di giochi per dispositivi mobili. Tra gli appassionati di videogiochi sembrano proprio le donne a guidare la classifica dei "mobile gaming addicted", se pur di poco (17% contro il 14% di uomini)
Se nel mondo mobile le donne sembrano davvero entrate prepotentemente, le percentuali scendono quando il campo d'indagine si sposta sul settore videoludico più tradizionale, legato a pc e consolle. Solo il 4% delle donne nel campione europeo, infatti, ha mostrato una netta preferenza per il videogaming più casalingo.
Genetica? Diverse configurazioni cerebrali? Convenzioni sociali?
Difficile dirlo, pur sussistendo la possibilità che numerosi sviluppatori di videogiochi abbiano frainteso i desideri del pubblico femminile, inondando il mercato di saghe videoludiche come "Barbie" o "Giulia passione" e, chissà, forse contribuendo a una spaccatura in via di ricomposizione ma ancora esistente.
Anche l'Italia non è ovviamente immune a questa frattura, ma pian piano le videogiocatrici si stanno dotando delle giuste "armi" per mostrare la loro presenza, e non essere più considerate un qualcosa di irraggiungibile e speciale, nè un'attrazione da circo.
Fare un giro su siti come GamesPrincess.it per credere: articoli e video su giochi come The Witcher 3 Wild Hunt, Shadow of Mordor o Assassin's Creed Unity...e praticamente nessuna traccia di giochi "al femminile" come Barbie o Giulia.
Già nel 2012 un post chiamato Diario di una Videogiocatrice descriveva una situazione quasi di disagio per molte donne sinceramente appassionate di videogiochi, alcune scambiate addirittura per uomini che si fingono donne o semplicemente giocatrici occasionali e inesperte che vorrebbero guadagnarsi l'attenzione di uomini. Insomma, le donne videogiocatrici ci sono, sono tante e vogliono far sentire con forza la propria voce.
A rendere le cose più difficili, un atteggiamento spesso apertamente sessista in alcune frazioni del mondo videoludico. Ne sa qualcosa Zoe Quinn, sviluppatrice videoludica indipendente e primo bersaglio del cosiddetto GamerGate, una vera e propria campagna di diffamazione e minacce iniziata nell'agosto 2014.
La Quinn era stata accusata da un suo ex compagno di aver tratto profitto e pubblicità per la sua carriera di sviluppatrice, sfruttando una relazione amorosa con un giornalista videoludico.
Nonostante le ripetute smentite arrivate anche dallo stesso sito (Kotaku) che ospita le recensioni di quel giornalista, la frangia più misogina della comunità videoludica ha continuato a sfogarsi anche su siti come 4chan, accusando Zoe di aver avuto recensioni positive per il suo Depression Quest in cambio di favori anche di natura sessuale.
Gravissime minacce, legate al GamerGate, sono arrivate anche ad altre figure come Brianna Wu, sviluppatrice del fantascientifico al femminile per iOS Revolution 60, e ad Anita Sarkeesian, studiosa spesso in prima linea contro rappresentazioni stereotipate della donna nei principali media di intrattenimento.
Entrambe sono state ritenute "colpevoli" di essersi schierate al fianco di Zoe Quinn, con la Sarkeesian che si è trovata costretta a cancellare un intervento pubblico e Brianna Wu che addirittura ha dovuto cambiare indirizzo insieme alla sua famiglia.
Non è comunque mancato il sostegno di tutte le frange più sane del mondo videoludico, comprese figure di spicco come l'attore Adam Baldwin, voce nella saga videoludica di Halo. Un primo passo verso un cambiamento definitivo?
È la speranza di chiunque voglia cancellare la settorializzazione di un mondo, quello dei videogiochi, che dovrebbe invece unire ed essere unito.
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