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venerdì 6 febbraio 2015

Frutti di bosco surgelati: in Italia 1.787 persone colpite dall'epidemia di epatite A


Frutti di bosco surgelati: in Italia 1.787 persone colpite dall'epidemia di epatite A (poche decine in Europa). Una storia di malasanità basata su una grave sottovalutazione del rischio 

Ilfattoalimentare.it segnala che Italia l'epidemia causata dai frutti di bosco surgelati contaminati dal virus dell'epatite A ha colpito 1.787 persone in due anni. Il dato è fornito in una risposta ad un'interrogazione parlamentare del Movimento 5 Stelle dal Ministero della salute, "la situazione di crisi si deve considerare superata considerando la riduzione dei casi di malattia riconducibili al consumo di frutti di bosco ".

L'epidemia è iniziata nel gennaio 2013, ma gli ultimi episodi risalgono al mese di agosto del 2014, quando si è registrata un'improvvisa ripresa dei ricoveri. Purtroppo stiamo parlando dell'epidemia di origine alimentare più importante negli ultimi 30 anni, che il Ministero della salute è riuscito abilmente a tenere sotto traccia, diffondendo poco e male i nomi dei prodotti ritirati e, soprattutto, non informando in modo adeguato i consumatori. Nel corso dell'epidemia sono stati identificati 15 lotti  contaminati e 45 lotti sono stati classificati come "sospetti" e le aziende coinvolte sono state 11.


La sensazione è che si sia fatto di tutto per soffocare le notizie e purtroppo il sistema ha funzionato. Il Fatto Alimentare è stato uno dei pochi siti che ha seguito sin dall'inizio questa storia e, più di una volta, ha dovuto superare silenzi e barriere burocratiche i per avere notizie. Per rendersi conto della gravità l'Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha diffuso un dossier sull'epidemia e a Roma è stata allestita una task force.

efsa frutti bosco

Il grafico mostra i casi di epatite A in Europa causati dai frutti di bosco nel periodo gennaio 2013 giugno 2014. I casi italiani sono colorati in azzurro e rappresentano oltre il 95% del totale. Fonte Efsa

Riconosciamo le oggettive difficoltà che hanno impedito agli esperti di risalire all'origine del focolaio (mancanza di una tracciabilità dei lotti, complessità della filiera…) e non hanno permesso agli esperti in questi due anni di individuare un unico focolaio. Le ipotesi più probabili dell'origine della contaminazione focalizzano l'attenzione su ribes rossi contaminati importati dalla Polonia e di more arrivate dalla Bulgaria. 

Il Ministero della salute dichiara di avere informato i cittadini rilasciando interviste a diverse riviste a costo zero e "in tempi ristretti considerando il carattere di urgenza che la questione richiedeva". La realtà è leggermente diversa, l'epidemia è rimasta una vicenda sconosciuta per decine di milioni di italiani, che hanno continuato a mangiare tranquillamente frutti di bosco e dolci preparati con questi frutti ignare del pericolo. Non ci sono state conferenze stampa per informare la gente e i giornalisti e i dati sulle persone contaminate sono stati diffusi con il contagocce. Nessuno si è reso conto che era in corso un'epidemia? Il Ministro della salute che rilancia sempre in rete le imprese dei Nas, e parla sempre di sicurezza alimentare, non si è accorto che i frutti di bosco contaminati colpivano centinaia di persone ogni mese? Solo così si può spiegare il numero esagerato di persone colpir sin Italia. A fronte di poche decine di casi in Europa, nel nostro paese si sono registrati 1.787 casi di epatite A, che rappresentano oltre il 95% del totale (vedi grafico sopra).

Secondo ilfattoalimentare.it il  Ministero non ha saputo fare una corretta valutazione del rischio, e questo è gravissimo, visto che alla base  della normativa  sulla sicurezza alimentare in vigore sin dal 2002, c'è proprio questo concetto. C'è di più, la disastrosa comunicazione nei confronti dei cittadini è l'altro imperdonabile errore che  ha contribuito a diffondere l'epidemia in Italia. C'è un ultimo elemento che va registrato, otto mesi fa i funzionari che hanno seguito la crisi sono stati trasferiti ad altro servizio, anche se non sappiamo i motivi  di questa decisione. La tragica realtà è che la prossima epidemia alimentare potrebbe essere gestita con le stesse modalità.

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